Beni comuni. Un manifesto by Ugo Mattei
autore:Ugo Mattei [Mattei, U.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: General, Political Science, eBook Laterza, Public Policy, Business & Economics
ISBN: 9788842060628
Google: vB33LQEACAAJ
editore: Laterza
pubblicato: 2011-12-14T16:00:00+00:00
IV. La consapevolezza del comune. Cultura critica e propaganda
Nei capitoli precedenti sono emersi alcuni principi fondamentali nel governo dei beni comuni: fra questi, in particolare, il diritto allâaccesso per la soddisfazione di diritti fondamentali e, speculare, il dovere di contribuire al loro governo con motivazioni altre rispetto allâaccumulo di denaro e di potere. Il governo dei beni comuni è informato dunque al principio del libero accesso. Si tratta di un principio inclusivo, radicalmente opposto a quello dellâesclusione, che viceversa caratterizza tanto la sovranità statuale (esclusione dello straniero) quanto la proprietà privata. Se i beni comuni sono liberi, i bisogni che tramite essi possono soddisfarsi non sono paganti, salvo che il diritto li renda artificialmente tali attraverso processi di privatizzazione degli stessi beni comuni. La sanità è un bene comune perché curare i bisognosi è un fondamentale dovere di civiltà e solidarietà in capo a ogni medico. Unâorganizzazione sanitaria soccorre a diritti fondamentali della persona come quello alla salute (art. 33 Cost.). Lâacqua è un bene comune perché si trova libera in natura e, come lâaria, presiede alla soddisfazione dello stesso diritto alla vita. Il diritto, privatizzando la sanità o lâacqua, può rendere artificialmente paganti i bisogni di bene comune, rendendo improvvisamente evidente a tutti quanto essi valgano. In effetti, i beni comuni, prima di essere recintati, offrono servizi dati per scontati da chi ne beneficia e il loro valore si misura in termini di sostituzione soltanto quando essi non sono più disponibili.
In un certo senso i servizi essenziali resi dai beni comuni sono simili al lavoro domestico, che si nota solo quando non viene fatto. Per esempio, i servizi che le mangrovie o la barriera corallina offrono agli abitanti della costa non sono «apprezzati» perché spesso non sono neppure noti ai loro fruitori: in questo senso i desideri che essi soddisfano non sono «paganti». Quando gli italiani distrussero la barriera corallina in Somalia per consentire alle grandi navi da trasporto di attraccare a Mogadiscio per portar via il bottino coloniale, aprirono un varco per gli squali, attratti in frotte dal sangue scaricato in mare dal locale macello. La spiaggia di Mogadiscio divenne così uno dei posti più pericolosi del mondo per la balneazione. Per ricreare una barriera capace di trattenere gli squali lontano dalla riva ci vorrebbero moltissimi soldi e moltissima tecnologia. Solo nel momento della sostituzione si può avere unâidea (ancorché molto riduttiva e approssimativa) del valore del bene comune. Discorso analogo vale per le mangrovie nel Sud-Est asiatico, distrutte in gran parte per allevare i gamberetti di cui son ghiotti i consumatori occidentali: esse svolgevano un servizio inestimabile per proteggere i villaggi costieri dalle onde di tsunami... Quanto costerebbe costruire artificialmente una simile barriera?
Ottenere la consapevolezza del valore dei beni comuni è un primo fondamentale passo per ricostruire un ordine sociale ecologico fondato sul loro riscatto dopo secoli di oblio. Come è noto, oggi oltre la metà della popolazione del mondo vive in città . La città è una comunità che dal punto di vista ecologico può solamente descriversi come parassitaria, nel senso che ottiene tutto il cibo che consuma dalla campagna.
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